Quando sono entrato in convento avevo ritirato la mia iscrizione all’università, perché pensavo che un frate non dovesse studiare, ma fare cose concrete. Sbagliavo! Con il tempo ho scoperto, grazie anche ai miei formatori, che per vivere da cristiani e per vivere da frati è fondamentale anche la dimensione intellettuale, perché se non ci si prende cura della propria formazione e cultura, il cervello finisce nella spazzatura ed è un vero peccato! La testa è importante, infatti, anche per capire meglio la propria vocazione, ciò in cui si crede, ciò che uno vuole fare.
Ricordo un incontro con il cardinal Martini, le cui parole ancora oggi mi risuonano in mente nello svolgere questo lavoro da bibliotecario. Ci disse che il percorso di formazione era sì forse un po’ teorico e noioso, ma era importante per 3 motivi: per imparare a fare domande intelligenti, per non accontentarsi di risposte banali e per valorizzare il tempo passato in biblioteca. La biblioteca è infatti il luogo in cui si incontrano tante persone, ci si confronta con autori importanti, si sentono le voci di studiosi scomparsi da secoli e si ha la possibilità di conoscere e di trovare le tracce dei nostri confratelli.
Per me questa è una grande ricchezza, ma non l’unica. Il lavoro da bibliotecario mi sta aiutando anche a tenere i piedi per terra e mi ricorda sempre i miei limiti. Per tenere la biblioteca aggiornata, infatti, bisogna essere sempre al corrente di quanto viene pubblicato, acquistarlo e schedarlo. Questo, però, non significa essere il più esperto, anzi! Schedare, per me, vuol dire rendermi conto di quanto non riesco a leggere, di quanto non riesco a sapere, di quante cose sono da imparare… Questa consapevolezza mi porta non solo a rendermi conto dei miei limiti, ma anche ad avere un atteggiamento sempre aperto nei confronti degli altri, di ascolto e di attenzione, perché penso di avere ancora molto da imparare nella vita e l’esperienza degli altri può essere preziosa.
Grazie a Dio, quando è arrivato questo incarico avevo già più di 50 anni e la saggezza e la consapevolezza necessarie per affrontarlo nel modo giusto, sapendo dove potevo arrivare e dove no, accettando i miei limiti. A 50 anni ho avuto questa grande fortuna: poter ricominciare con un nuovo incarico, trovando nuove energie e nuove motivazioni. Per farlo, però, mi sono dovuto aprire a una nuova vita: non è sempre semplice, perché bisogna lasciare qualcosa, ma è un dono bellissimo, che tutti abbiamo, se solo siamo disponibili al cambiamento: non siamo identificabili con i nostri ruoli e c’è sempre, qualunque sia la situazione che viviamo, la possibilità di una nuova vita.
fr. Paolo Canali